Didattica a distanza: spunta la petizione per tornare in classe

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La quarantena imposta dalla pandemia da Coronavirus è, sicuramente, un “imprevisto” tra quelli in grado di cambiare il corso della storia e lo svolgersi degli eventi: l’intero globo è preoccupato delle ricadute economiche e sociali, ma anche il settore scolastico ne sta uscendo pesantemente provato.

Nel nostro Paese, la ministra Azzolina ha più volte ribadito quanto sia importante il ruolo della didattica a distanza e quanto sia stato fondamentale poter approfittare di piattaforme di live streaming per continuare ad interagire quotidianamente con gli studenti e non bloccare il normale afflusso di compiti e di interrogazioni da portare avanti; sebbene i risvolti positivi, in effetti, ci siano e siano numerosissimi, anche i problemi non sono, però, pochi.

Innanzitutto c’è da tener conto che non sempre la connessione ad internet è stabile per tutti contemporaneamente, senza contare i limiti di una didattica di questo tipo applicata, ad esempio, a materie scientifiche – come la matematica o la fisica – che vengono indubbiamente trattate meglio in presenza; inoltre, c’è l’annoso problema delle famiglie disagiate e/o sprovviste di dispositivi tecnologici in grado di consentire questo tipo di permanenza scolastica.

Da qui anche le misure economiche del governo per garantire una didattica a distanza a tutti, indiscriminatamente, al di là delle possibilità economiche e del ceto sociale; eppure, sono rimasti in tanti a non poter accedere alle lezioni quotidianamente e, quindi, a non potersi tenere al passo con la classe.

La petizione

Qualcuno, su questo malcontento, ha creato un vero e proprio movimento”dissidente”.

Sul web, infatti, è comparsa negli ultimi giorni una petizione che tuona: “La didattica a distanza non è per tutti“.

A diffonderla sono state tre maestre di Torpè, Siniscola e Budoni (Giovanna Magrini, Lourdes Ledda e Daniela Marras) e, in pochissimo tempo, hanno già raccolto centinaia e centinaia di firme.

In sostanza, si tratta di una sorta di segnalazione che mira a far notare come questa forma di didattica si adatti solo a coloro che possiedono i mezzi giusti e un buon supporto famigliare, considerandola come un palliativo che “dimentica le relazioni, non contemplando quanto di più educativo ci sia dentro una classe, tra i corridoi, in una palestra o in un cortile scolastico: il rapporto umano“.

Ma le insegnanti sono andate anche oltre: si sono schierate persino contro la didattica mista (quella che molte scuole stanno vagliando di mettere in pratica a Settembre), cioè con turnazioni online ed in aula, concludendo con un “che la Scuola italiana non venga ridotta ad un “ufficio virtuale” dove le dinamiche affettive tra insegnanti, alunni e altro personale siano equiparate a semplici “atti formali” e che si cominci a pensare di poter “utilizzare questa emergenza per invertire la rotta rispetto alle devastanti riforme subìte dalla scuola negli ultimi vent’anni e investire seriamente in essa“.

Un’iniziativa che è stata spalleggiata anche da un’altra petizione – questa volta messa sotto forma di lettera diretta proprio alla Azzolina – lanciata da alcuni genitori fiorentini che chiede “la ripresa delle attività scolastiche in presenza almeno a settembre; e anche prima per i più piccoli“.

Insomma, da un lato docenti preoccupati che il futuro della scuola possa essere “stravolto” dalle dinamiche della formazione online, dall’altro famiglie che non hanno le risorse economiche di sostenere una babysitter con la ripresa delle attività lavorative o che, magari, non hanno intenzione di prevedere di aprire le porte di casa ad un’estranea, in tempi di emergenza Covid-19.

Uno scenario complesso, insomma, che non sorprende in un momento di profonda crisi come questo.

Non bisogna dimenticare, però, che la scuola mette in circolo ogni giorno un quantitativo di persone incredibile, da genitori a nonni a insegnanti ed altro personale (segretari, bidelli etc), che mal si concilia con il concetto di distanziamento sociale che, in questo momento, è fondamentale per tenere sotto controllo la diffusione del contagio.

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